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I figli sono la nostra fiaba da raccontare

I figli sono la nostra fiaba da raccontare. Una fiaba scritta con la ragione, poca, e il sentimento, tantissimo, alla costante ricerca di quell’equilibrio che ha un unico fine: il bene dei nostri figli.

Per ogni fiaba l’incipit è sempre lo stesso.
‘C’era una volta’ … e una volta c’erano un uomo e una donna che si sono amati.
L’amore genera la vita. E tutto comincia da qui.

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I nostri figli. Quante parole da scrivere insieme a loro correndo avanti, immaginando almeno un poco il futuro. Per rassicurare noi stessi, che saremo in grado di sostenerli proprio nell’esatto istante in cui inciamperanno. Essere, lì, pronti a tender loro la mano con un sorriso stampato sulle labbra, fieri della nostra presenza. Per niente casuale.

Noi che vorremmo che la nostra schiena fungesse da scudo alle loro avversità, alle loro ansie, insicurezze e incertezze. Che quelle esperienze negative non li sfiorasse mai. Eppure, a volte, cadranno i nostri figli. Si sbucceranno le ginocchia, sentiranno male, piangeranno in silenzio per non preoccuparci.

E un giorno comincerà la stagione degli amori. Sarà follia, batticuore, vortici di emozioni di cui forse non sapremo nulla e probabilmente sarà giusto così, che si delinei la zona d’ombra. Quella in cui la genitorialità non avrà accesso ma semplicemente dovrà indovinare i percorsi dei propri figli stando al margine. Sarà uno scavare nella memoria, frugarci dentro per ricordare le emozioni di quell’età. Perché le emozioni sono universali e l’esperienza insegna.

Succederà che avranno il cuore stropicciato dai primi fallimenti dell’amore, le ferite saranno profonde. Lasceranno il segno.

Saranno delusi da quelli che reputavano amici e allora capiranno che esistono i voltagabbana. Oppure si renderanno conto di essere loro ad aver sbagliato e di aver perduto un amico autentico. Perché con gli amici bisogna essere leali – in amicizia come in amore – si gioca a volto scoperto.

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Eppure tutto ciò li aiuterà a crescere, a diventare uomini e donne dalle spalle larghe. Di quelli che camminano a testa alta, con dignità, anche quando perdono.

Discerneranno le anime belle e sapranno circondarsene. Sarà facile trovarle, se solo lasciamo che ne facciano esperienza. Lasciamo che assaggino il mondo con i suoi mille sapori e con le sue mille sfumature. Non proteggiamoli sempre e comunque, sempre e ovunque. Non servirà.

Abbracciamoli invece. Abbracciamoli forte con tutto il nostro essere, che sono loro ad conferito il senso più autentico alla nostra vita. Quando arriveranno stanchi dalla vita accogliamoli con le braccia aperte. Accarezziamoli, cerchiamo un contatto. Che anche il corpo parla, usiamo tutti i nostri sensi per dialogare per parlare per mantenerci in contatto.

Fidiamoci di loro. Lasciamo che si mostrino per come sono, adoriamoli così. Senza invadenze o aggressioni, senza sgarbate intrusioni.

Insegniamogli ad amare la vita. A consumarla, a usarla nei migliori dei modi, a trattarla con rispetto senza mai rinunciarvi.

Mettiamoci in gioco per i nostri figli. Con l’idea di cambiare abitudini, sovvertendo le nostre più profonde convinzioni. E siamo umili, ammettiamo i nostri sbagli senza vergogna e inutile orgoglio. Chiediamo scusa se serve.
Non siamo né padri né madri onnipotenti, ma creature che sbagliano e vanno avanti a tentoni cercando di dare il meglio.

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L’evoluzione è stata rapida.
Mi ricordo Nicolò appena nato con i suoi occhi neri, intelligenti e curiosi, pronti a girarsi per guardarmi dritto nei miei, mentre oggi ci troviamo a un passo dalla scuola.
Imparerà a leggere e a scrivere, io spero che i libri gli piaceranno sempre. Quelli con tante illustrazioni e colori.

Spero che rimanga il bambino curioso di oggi, pronto a conoscere come gira il mondo e a lasciarsi affascinare dalle sfumature delle emozioni e dall’eleganza dei sentimenti. Chissà se amerà ancora gli animali. Il gatto, il cane e i passeri che volano liberi e guardiamo dalla sua finestra il mattino presto d’inverno. Chissà se ricorderà il racconto della nonna, quello delle rondini che arrivano a marzo e in autunno partono di nuovo per paesi più caldi raccogliendosi sui fili elettrici e alzandosi in volo tutte insieme.

Chissà se adorerà ancora la pasta al pomodoro e gli gnocchi con il ragù, le torte semplici fatte in casa e le brioches del bar il sabato mattina. Se assaggerà ancora, esattamente come a me, l’impasto dei dolci.

Ti spero sempre libero, Nicolò. Dai pregiudizi e dai preconcetti, da quella morale bigotta che fonda il suo insegnamento sul senso di colpa. Sii coraggioso come il tuo papà che affronta le avversità a testa alta, senza lamentele, e come il nonno Tino che ti insegna rettitudine e onestà.

Decidi quello che è meglio per te, che ti rende felice senza calpestare i sentimenti altrui. Sii generoso e disponibile come il nonno Franco che si lascia ancora strapazzare di baci e si lascia accarezzare i capelli grigi.

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Cosa dobbiamo fare noi? Dobbiamo seguire il manuale, ingabbiare noi stessi e i nostri figli in definizioni pedagogiche? Che difficile la genitorialità, credo mia mamma avesse ragione quando asseriva che non esiste al mondo mestiere più difficile. Eppure io trovo che sia tremendamente meraviglioso.

Prendersi cura dei figli è una forma di amore incommensurabile. Loro, come piante bisognose di acqua, di sole, di luce e di nutrimento affinché un domani sboccino fiori splendidi e foglie. Così i nostri figli chiedono amore, infinito amore, carezze sulla pelle e sull’anima. Dall’inizio alla fine della fiaba.

Non so immaginare il futuro, non sono capace di vedermi davanti agli occhi un Nicolò di trent’anni. Non mi riesce di intravedere il suo percorso fin là. Vedo ancora solo il mio bambino di sei anni, felice e sereno. Con un forte senso dell’appartenere a una famiglia, a un luogo, a un gruppo di amici. Che ama la sua ‘mami’ e il suo ‘papi’. Fin qui possiamo scrivere parole di luce, nonostante le difficoltà intrinseche a ogni esistenza.

Fin qui possiamo raccontare una fiaba.
Ricordiamoci che le fiabe hanno sempre un lieto fine.
Un ‘vissero felici e contenti’. Facciamo in modo che sia così.

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Per arredare la cameretta.
Quella che vedete nelle foto è la cameretta del mio nipotino.
Un bellissimo bebé di dieci mesi, di una dolcezza straordinaria che ti fa sciogliere quando ti guarda con i suoi occhioni giganti e i dentini appena spuntati.

La sua cameretta è uno spazio che sta evolvendosi. La sua mamma aggiunge con attenzione nuovi mobili e nuove decorazioni, perché un ambiente bello e confortevole rasserena i bambini. Sempre.

Ecco alcuni spunti:

– la mongolfiera è realizzata dalla mamma (mia sorella) con la carta pesta e un cestino di recupero
– il gufo alla parete della seconda immagine è lo stencil disegnato dall’illustratrice Stefania Binello, lo trovate qui
– il quadro con la balena è stato realizzato con il libro da parati di VerbaVolant Edizioni, che trovate qui
– le sedie, il tavolo e la mensola sono arredi in betulla, senza viti, privi di vernici tossiche e con gli angoli smussati realizzati da I Love Legno e li trovate qui

 

I figli sono la nostra fiaba da raccontare ultima modifica: 2015-03-17T06:57:54+01:00 da Benedetta

2 Commenti

  • Rispondi lalu 19/03/2015 a 14:43

    Hai scritto delle cose bellissime!
    Guardo Lorenzo e mi chiedo se saremo capaci di insegnarli la positività, la fiducia che le cose belle possono sempre accadere, la tenacia; se saremo in grado di fargli capire la ricchezza di uno sbaglio, la forza scagionata dalla sofferenza. Spero che guardandoci penserà sempre che siamo i migliori, e che abbiamo fatto tutto il possibile.
    Lalu_lstinzi.blogspot.it

    • Rispondi Benedetta 20/03/2015 a 11:08

      Ciao Lu, con questa premessa credo davvero che lo penserà.
      Hai ragione … bisogna capire la ricchezza che c’é in uno sbaglio.
      Bellissimo! grazie per questo commento.

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